La bella idea dei social media manager del Livorno mi dà la possibilità di ricordare con affetto la carriera in Azzurro di un giocatore dal talento cristallino, un numero 10 incapace -purtroppo- di raccogliere quanto la meraviglia racchiusa nei suoi piedi gli avrebbe consentito: Alessandro Diamanti. Lo farò per mezzo di alcuni passaggi di un’intervista dello scorso anno su gianlucadimarzio.com.
“Ogni volta che prendevo il borsone della Nazionale e varcavo il cancello di Coverciano, avevo il sorriso di venti anni prima. Come un bambino che scarta il regalo di Natale, che crede alle favole. La Nazionale per me è stata una favola, è stata il coronamento di tutto quello per il quale credevo e lottavo. Anzi, credo e lotto. Andavo al parco giochi, mi sedevo e ci pensavo da solo…”Pensa Ale quanto sarebbe bello indossare la maglia del tuo popolo. Quella maglia che rappresenta la tua famiglia, i tuoi amici, la tua città, tutto”. E quel rigore contro l’Inghilterra… A ogni passo ripetevo nella mia testa: “Alino o bene bene o male male. O ti gira o ritorni da dove sei venuto”. E per il c… che mi sono fatto…“.