(Il gol -storico, fatale, definitivo- di Pak Doo Ik)
“Nella tribuna dell’Ayresome Park di Middlesbrough ero seduto vicino a Burgnich. Eravamo spostati verso destra, quasi di fronte alla nostra area di rigore: avevamo un palo davanti, tipico dei vecchi stadi inglesi, ma il tiro di Pak Doo-Ik lo vedemmo benissimo. Lo vedemmo partire e, purtroppo, lo vedemmo anche arrivare. Albertosi si protese inutilmente verso la sua destra. Pak Doo-Ik aveva aggirato Landini e aveva indovinato una sciabolata micidiale: Landini, curiosamente, aveva il numero 11. Il “mio” numero 11“. Erano le nove e venti di sera del 19 luglio 1966: c’era ancora luce, stava maturando il più famoso disastro della storia calcistica italiana. Da quel momento in poi la parola Corea non sarebbe più stata una definizione geografica, ma la maniera moderna per dire Caporetto. Gigi Riva continuò ad assistere impotente al resto della partita: una partita stregata. “I coreani arrivavano in dieci sul pallone: i nostri compagni erano inebetiti, impotenti, sgomenti. Finì, come tutti sanno, col pubblico inglese pazzo di gioia e di crudeltà. Io rimasi per qualche minuto incredulo sui gradoni: passò uno dei pochi tifosi italiani, un immigrato: era talmente arrabbiato che mi diede una bandierata sulla testa, come se fosse stata colpa mia. Ma la mia unica colpa era quella di non aver giocato: e non ero stato certo io a volerlo. Andai negli spogliatoi. Nel dramma, la farsa: si stavano già facendo i piani di fuga per rientrare in Italia. Edmondo Fabbri voleva tornare da solo, di nascosto: ma non gli venne concesso”. E a Genova, la notte dopo, furono pomodori per tutti. (Continua)