“Ancora adesso, se debbo pensare al calciatore più utile ad una squadra, a quello da ingaggiare assolutamente, non penso a Pelé, a Di Stefano, a Cruijff, a Platini, a Maradona: o meglio, penso anche a loro, ma dopo avere pensato a Mazzola“.
(Giampiero Boniperti)
(Torino, 11 maggio 1947: Italia-Ungheria 3-2)
(Torino, 16 maggio 1948: Italia-Inghilterra 0-4; Mazzola discute con il portiere e capitano inglese Frank Swift)
“Era un calciatore dotato di una incredibile completezza a livello di tecnica individuale –scrive Aldo Grasso sul Corriere della Sera-, stacco di testa poderoso, vero e proprio direttore d’orchestra in campo. Giocava interno sinistro, il numero 10, esempio della mezzala perfetta, interprete ideale dell’allora schema di gioco del Torino, il sistema, inventato da Borel e Roberto Copernico dirigenti dell’area tecnica. Valentino era un vero e proprio leader, un punto di riferimento per i compagni in campo e fuori dal rettangolo verde. Quando Oreste Bolmida, il mitico trombettiere del Filadelfia, suonava la carica, lui si rimboccava le maniche e non ce n’era più per nessuno. Partiva il mitico “quarto d’ora granata” durante il quale il Grande Torino annientava gli avversari“.
(Madrid, 27 marzo 1949: Spagna-Italia 1-3, l’ultima di Mazzola in azzurro)
Il più grande di tutti, circondato da campioni, in una squadra grandiosa, tanto che un avversario come Giampiero Boniperti non ha mai nascosto la sua ammirazione, come ha raccontato a Tuttosport: “Il Grande Torino era una grandissima squadra. Io, quando giocavo nelle riserve della Juventus, spesso andavo a vederlo allo stadio perché era uno spettacolo eccezionale. Aveva un complesso di giocatori fenomenale che, secondo me, sarebbero stati grandissimi perfino oggi. Sì, oggi. Perché erano talmente formidabili che si sarebbero adattati a qualsiasi sistema o metodo di gioco. Erano un gruppo unito, un gruppo di amici che nella loro unione trovavano ulteriore forza. Io ho avuto modo di frequentare tanto alcuni di loro, il famoso Trio Nizza, ovvero Martelli, Bacigalupo e Rigamonti ai quali ero molto legato. Sì, sarebbero fortissimi anche oggi, lo dico con l’esperienza dei miei tanti anni di calcio. E Mazzola era l’anima di quella squadra, l’anima grande di un complesso grande. Era potente, di classe, aveva un grandissimo temperamento“. Boniperti conclude commosso: “Gli faccio i miei auguri, li riceverà e spero gli facciano piacere. L’ho sempre ammirato e non vi posso nascondere che è sempre stato un modello per me, anche perché quando sono cresciuto era il più forte di tutti“. Il più forte, sì. Come ha scritto ancora Grasso, “il leader visionario di un grande sogno collettivo“.