
Sandro Mazzola, c’è un’immagine che racchiude l’avventura azzurra di Giorgio Chinaglia e che fece il giro del mondo in un niente. Giugno ‘74, Mondiali in Germania: in campo Italia ed Haiti, poi nel cuore della ripresa…
“Il ct Valcareggi decise il cambio. Fuori il laziale, dentro Anastasi. E Chinaglia che manda a quel paese un po’ tutti, allenatore in testa“.
Cosa accadde dopo?
“Ricordo che eravamo in albergo, un grande albergo immerso in un grande parco. Era sera, io leggevo in camera quando bussò Valcareggi per chiedermi se avessi visto Chinaglia. Girammo tutte le stanze, niente. In un attimo ci trovammo con i compagni in giardino per cercarlo: Giorgio si era addormentato sotto un albero“.
Fece pace con il ct?
“La mattina dopo a colazione era come se nulla fosse accaduto“.
Che clima c’era nella vostra Nazionale?
“C’erano due gruppi che non comunicavano fra loro. Io facevo parte dei vecchietti, di quelli che non volevano mollare di un metro, Chinaglia era dall’altra parte, fra i giovani emergenti e lui ne era la migliore espressione. Non c’era dialogo fra noi e non poteva esserci se non in campo, perché avevamo mire ed obiettivi diversi da difendere“.
Le doti di Giorgione?
“Abile con entrambi i piedi. Un giocatore di razza, tecnico e potente allo stesso tempo“.
E in fatto di temperamento?
“Vulcanico, imprevedibile. Direi potente in ogni sua espressione“.
Perché in azzurro fallì come tutti ai Mondiali in Germania e, poi, non seppe più rialzarsi?
“Ci fu il cambio tecnico, evidentemente le cose non andarono come avrebbe voluto“.
Dalla Nazionale al campionato. Quando vi incrociavate che duelli uscivano?
“Uno me lo ricordo, fu divertente. Eravamo a Milano, la mia Inter contro la sua Lazio. Sotto la tribuna tolsi il pallone dai piedi di D’Amico, mi trovai davanti Chinaglia e lo beffai con un tunnel. Lui cosa fece? Tirò un calcio nel sedere al compagno di squadra D’Amico, quasi a voler trovare un colpevole per quella brutta figura che gli avevo fatto fare proprio sotto gli occhi dei tifosi della tribuna“.
